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05/08/11

13 MAGGIO 1944 - TARGET MISSION: PIACENZA MARSHALLING YARD

BOMBARDIERI STRATEGICI, LE PREMESSE AL LORO INTERVENTO
Piacenza, localizzata nella parte settentrionale dell’Emilia, a ridosso del fiume Po e della Lombardia dalla sua nascita è sempre stata un nodo prima stradale e poi anche ferroviario di rilievo. Probabilmente questa particolarità ha sicuramente contribuito alla volontà di costruire a Piacenza, da parte di tutti coloro che nel tempo hanno controllato la località, installazioni militari con diverse funzioni che con la loro presenza incidono profondamente nella struttura urbana ed architettonica della città.
Durante gli anni del secondo conflitto mondiale queste particolari caratteristiche hanno portato Piacenza ad essere un importante obbiettivo dei bombardieri alleati; i due ponti paralleli, stradale e ferroviario, che scavalcano il fiume Po erano stati il bersaglio di incursioni aeree durante la “Operation Strangle”, attuata dalle forze aeree alleate dal 19 Marzo 1944 all’11 Maggio 1944. Lo scopo era quello di interdire i rifornimenti di qualsiasi genere del nemico e di ridurre così l’efficienza, se non addirittura costringere alla resa, le forze Germaniche operanti in Italia attaccando pesantemente infrastrutture stradali e ferroviarie.
A Piacenza, durante questo periodo, i Comandi Alleati concentrarono le loro attenzioni verso il ponte ferroviario; probabilmente le fotografie scattate durante le incursioni, unite a quelle riprese dai ricognitori, contribuirono a mettere in primo piano la già nota particolare situazione delle ferrovie presenti nella città Emiliana.
Oltre all’importante linea Milano-Bologna passa per Piacenza anche la non trascurabile, per importanza strategica, ferrovia Torino-Bologna; nelle vicinanze di questi tracciati nazionali che facevano capo alla Stazione Ferroviaria ed alle relative strutture erano presenti, a qualche centinaio di metri, le officine e la stazione della S.I.F.T. Società Italiana Ferrovie Tramvie.
Questa azienda aveva in concessione una linea ferroviaria completamente elettrificata che congiungeva Piacenza con Bettola, percorrendo circa 32 chilometri nella media Val Nure; l’energia elettrica alimentava le motrici dei convogli e tutti i dispositivi di segnalazione e manovra e sul tracciato. Il transito di passeggeri e merci era intenso, con elevata efficienza e velocità commerciale, e la ferrovia della S.I.F.T. prima di iniziare ad arrampicarsi sui primi rilievi della Val Nure attraversava Piacenza.
Lungo la parte cittadina del percorso, grazie a sistemi di scambi, la linea per Bettola serviva direttamente il Deposito di Artiglieria, l’Arsenale ed una manifattura industriale; poi con una successiva diramazione raggiungeva un vasto stabilimento militare dove si costruivano e caricavano proiettili di artiglieria. Infine allontanandosi dalla città verso la campagna sfiorava l’area della Galleana dove erano presenti polveriere e depositi di munizioni.
A completare il sistema ferroviario di Piacenza era presente anche un tracciato che collegava direttamente Piacenza con Cremona. Per gli Stati Maggiori Alleati era evidente che distruggere i binari, ed i loro congegni di manovra, significava spezzare i collegamenti ferroviari tra Bologna e rispettivamente Milano e Torino; in aggiunta la possibilità di mettere fuori uso la ferrovia S.I.F.T. avrebbe creato difficoltà nel movimentare i materiali in arrivo e partenza da stabilimenti militari di notevole estensione e capacità produttiva.
Un altro aspetto collegato ad una possibile incursione, con eventuali esiti ottimali per gli attaccanti, significava limitare le possibilità di trasporto a disposizione delle unità Germaniche e della R.S.I. di personale e materiali verso la Val Nure; questa condizione poteva essere utile, in quadro strategico ampio, per alleggerire la potenziale pressione che questi ultimi potevano esercitare nei confronti delle formazioni partigiane che operavano in quel settore delle colline e dell’Appennino Piacentino.
Queste le premesse che molto probabilmente aprirono la strada alle tante incursioni aeree del 1944 e 1945 ed in particolare a quella 13 Maggio 1944, messa in atto dalla componente strategica dell’Army Air Force, A.A.F., degli Stati Uniti.
INCURSIONE AL BUIO
L’inverno di guerra del 1944 era stato gelido; come per tutti gli Italiani anche per i cittadini di Piacenza le ansie, i lutti e le privazioni dovute al conflitto erano state rese più penose dalla carenza di combustibili che aveva moltiplicato l'intensità del freddo. Almeno nel mese di Maggio, con la prospettiva dell’estate, era possibile dormire senza tremare.
Nella notte primaverile del 2 Maggio 1944 la popolazione di Piacenza è svegliata dalle sirene di allarme aereo e coloro che riescono ad abbandonare le loro abitazioni alle 23:50 circa possono udire le esplosioni e percepire i sussulti provocati delle bombe che cadono sulla città.
Per la notte del 2/3 Maggio la Royal Air Force ha organizzato una vasta azione di bombardamento; i velivoli della R.A.F., decollati da aeroporti localizzati nella parte della penisola occupata dagli Alleati, raggiungono diversi centri dell’Italia settentrionale. Oltre a Piacenza sono colpite anche Genova, Milano, Livorno ed il porto di La Spezia.
Per quanto riguarda Piacenza l’obbiettivo è la stazione ferroviaria, che si trova a ridosso del centro storico; parte delle bombe cade in alcune strade del centro cittadino e non tutti gli abitanti riescono a raggiungere i rifugi. Tra le macerie sono estratti i corpi privi di vita di 32 persone mentre altre 100 risultano ferite.
Il bersaglio della missione, l’area ferroviaria di Piacenza, è bombardato solo parzialmente; il Genio Ferrovieri Tedesco, a Piacenza è presente il Bahnoff Kommandatur II/95, riesce a ripristinare in tempi relativamente brevi la funzionalità della struttura rendendola di nuovo agibile al traffico ferroviario.
I Comandi Alleati comprendono rapidamente che la ferrovia è di nuovo utilizzabile; non gli rimane che pianificare una nuova missione, questa volta di migliore precisione.
ATTACCO AL SOLE
Alle prime luci dell’alba del 13 Maggio 1944 negli aeroporti allestiti dalla Army Air Force degli Stati Uniti nelle regioni Italiane occupate dagli alleati inizia una intensa attività; la 15TH Air Force, che costituisce la componente da bombardamento “pesante” e strategico della A.A.F., ha pianificato una operazione diurna diretta contro obbiettivi localizzati nell’Italia settentrionale. L’azione prevede l’impiego di fortezze volanti Boeing B 17 e Consolidated B 24 “Liberator” per un numero complessivo di circa 600 aerei appoggiati da una adeguata copertura di caccia di scorta.
Si tratta di un attacco ampio e diffuso nel cuore del territorio nemico con le stesse caratteristiche che contraddistinguono simili operazioni messe in atto dagli aeroporti del Regno Unito contro obbiettivi in territorio Tedesco.
Durante i “briefing” che precedono l’azione a 41 equipaggi del 449TH BG (H) “Bombardment Group” è assegnata la missione numero 58 mentre ad altri 40 equipaggi del 450TH BG (H) “Bombardment Group” è affidata la missione numero 65; entrambe le unità sono equipaggiate con velivoli quadrimotori Consolidated B 24 “Liberator” e per tutti il bersaglio è indicato come “Piacenza Marshalling Yard”, lo smistamento ferroviario di Piacenza.
Dagli aeroporti pugliesi relativamente vicini di Grottaglie, base del 449TH BG, e Manduria, dove si trova il 450 TH BG, iniziano i decolli delle “fortezze volanti”; alle 09:45 si alzano in volo gli aerei del 449TH BG mentre alcuni minuti dopo è il momento di staccare i carrelli dal suolo per i primi B 24 in ordine di decollo del 450TH BG. Quando tutti i bombardieri sono in cielo alle 10:56, sulla verticale di Manduria, i due distinti gruppi si uniscono in unica formazione. Non tutti gli equipaggi sono destinati a raggiungere l’obbiettivo; a causa di malfunzionamenti a dispositivi e motori svariati aerei, rispettivamente quattro per ogni gruppo in partenza, devono abbandonare la missione. L’esito della operazione è affidato ai rimanenti 37 velivoli del 449TH BG ed agli altri 36 del 450TH BG. Nello spazio aereo della Puglia è in “assemblaggio” la grande flotta aerea; ogni formazione deve raggiungere la propria e definita posizione in modo coordinato con tutte le altre centinaia di aerei in volo. I “Liberator” del 449TH BG e del 450 TH BG diventano un tassello di questo grande mosaico alle 11:02, quando si trovano all’incirca sopra San Vito dei Normanni.
Le due sezioni, distanziate di pochi minuti l’una dall’altra, seguono la rotta tracciata per raggiungere l’Italia settentrionale; volando ad una quota di circa 3.600 metri sorvolano Isernia, Venafro, Mondragone e puntano le isole di Ventotene e Pianosa. Raggiungono Capraia alle 14:05 dove ai bombardieri si uniscono 30 caccia di scorta; sono P 51B “Mustang” del 31ST Fighter Group che seguiranno i bombardieri nella penetrazione in territorio nemico.
Poi la formazione completa attraversa il cielo di Chiavari, sulla costa Ligure, e dopo essersi lasciata rapidamente alle spalle l’Appennino Ligure si trova sopra quello Piacentino. Gli uomini a bordo degli aerei vedono la pianura padana illuminata dal sole di una giornata serena, mentre i navigatori avvertono gli equipaggi; Bobbio, località della Val Trebbia a poche decine di chilometri da Piacenza, è molto vicina.
Significa che hanno quasi raggiunto lo Initial Point, I.P.; il “punto iniziale” dal quale ha inizio la fase finale di avvicinamento ed attacco al bersaglio. I puntatori del 449TH BG inquadrano nel sistema di puntamento “Norden” l’obbiettivo. Per un risultato efficace i parametri di volo devono essere stabili, la tensione a bordo dei B 24 è estrema; si trovano nella fase più difficile dell’operazione e potrebbe accadere di tutto. Da una violenta reazione della contraerea ad un fitto sciame di caccia avversari improvvisamente in arrivo da direzioni imprevedibili ed in grado di impegnare sia la scorta che i “Liberator”.
Alle 14:51 cadono sulla stazione di Piacenza circa 90 tonnellate di esplosivo materializzato da bombe G.P. General Purpose, impiego generale, da 500 libbre; dopo due soli minuti, mentre ancora nell’atmosfera della città vibra il suono delle esplosioni, alle 14:53 sulla “marshalling yard” arrivano i 36 B 24 del 450TH BG. Sotto di loro vedono una grande massa di fumo, generata dalle esplosioni delle bombe della ondata precedente; è un riferimento eccellente e sganciano anche i loro ordigni G.P. da 500 libbre. Al suolo esplodono altre 88 tonnellate di bombe, mentre i bombardieri si allontanano rapidamente.
L’azione è riuscita nel migliore dei modi, durante la penetrazione nello spazio aereo avversario e l’attacco all’obbiettivo non si sono manifestate reazioni; “flak” e caccia avversaria assenti. I mitraglieri ed i P 51 di scorta non hanno sparato un colpo.
La formazione attaccante ha invertito la rotta e punta di nuovo verso Chiavari ed il mare; alle 15:30 i caccia di scorta lasciano la formazione ed i bombardieri dirigono verso Capraia, Pianosa, Ventotene, sorvolano Capri ed entro le 18:15 quasi tutti hanno raggiunto gli aeroporti Pugliesi dai quali erano decollati nella mattinata. Un aereo per ogni gruppo è costretto ad effettuare una sosta in campi di aviazione intermedi per rifornirsi di carburante e raggiungeranno le loro basi con diverse ore di ritardo rispetto alle altre “Flyng Fortress”.
All’appello manca un aereo del 449TH BG, che è dichiarato disperso.
Se per gli equipaggi dei B 24 il tempo è passato velocemente per i cittadini di Piacenza è come se si fosse fermato alle 14:53; dall’area della stazione si alza verso il cielo una enorme nuvola di fumo e polvere visibile da grande distanza. Le correnti d’aria la disperdono lentamente verso la periferia sud est della città; per alcuni minuti indefiniti la città cade nel silenzio, poi iniziano i soccorsi.
Quando la polvere è ormai depositata è possibile rendersi conto degli effetti dell’attacco portato dai reparti della 15TH Air Force; nell’area ferroviaria a ridosso della stazione numerosi scambi ed intersezioni sono distrutti mentre molti tratti di binario sono sradicati dalla massicciata e contorti, privi delle traversine disintegrate dalle esplosioni, si trovano nei crateri scavati dalle bombe. Locomotori, vagoni passeggeri e carri merci sono distrutti ed altri danneggiati; pesantemente colpite anche rimesse, magazzini ed officine.
La sottostazione di trasformazione che deve assicurare l’alimentazione di energia elettrica subisce la stessa sorte delle altre strutture; la stazione della S.I.F.T. è ampiamente interessata dall’azione con la distruzione di un notevole quantitativo di materiale rotabile e profondi danni alle officine ed al fabbricato che le ospita. Anche la linea ferroviaria che si dirama in direzione di Cremona è interrotta dalle bombe dei B 24 che non sono cadute tutte entro il perimetro della “marshalling yard”; alcune sono finite nelle strade e sulle case che si trovano nelle vicinanze della stazione ferroviaria provocando crolli di fabbricati.
L’incursione causa il decesso di 40 persone ed innumerevoli feriti in condizioni più o meno gravi, oltre ad enormi danni materiali; in alcuni quartieri della città non è stato udito il segnale di allarme aereo e le persone si sono rese conto di quanto stava accadendo solo quando hanno sentito i rumori delle esplosioni o sono stati colpiti dai frammenti dei vetri che si frantumavano.
Le sirene di allarme sono comandate tramite la rete telefonica probabilmente danneggiata durante l’incursione notturna del 2/3 Maggio organizzata dalla R.A.F.; a questo si deve aggiungere una notevole frequenza di interventi di manutenzione per riparare guasti di svariata natura manifestati dalle sirene stesse. Le operazioni riguardano anche modifiche per l’installazione di resistenze elettriche di riscaldamento necessarie ad impedire che anche il freddo comprometta il funzionamento dei dispositivi.
In questo scenario è possibile che parte della cittadinanza non abbia potuto udire i segnali di allarme acustico rimanendo particolarmente esposta agli effetti dell’attacco. Piacenza è sconvolta ed i suoi abitanti profondamente provati; dopo la terrificante incursione notturna hanno dovuto subire un sorprendente bombardamento in pieno giorno senza che la contraerea abbia tentato di contrastare gli attaccanti.
Per quanto riguarda la strategia degli Alleati l’operazione è riuscita; l’area ferroviaria di Piacenza è distrutta ma il 13 Maggio 1944 non è la sola ad essere oggetto di una incursione. Le fortezze volanti della 15TH Air Force prendono di mira anche le “marshalling yard” di Fidenza, Parma, Modena, Bologna, Imola, Faenza, Cesena, San Rufillo, Borgo San Lorenzo, Castelmaggiore, Trento, Bronzolo, ed i ponti ferroviari di Bolzano ed Avisio.
Questa vasta azione è attuata il 13 Maggio, due giorni dopo il termine ufficiale “dell’Operazione Strangle”; non è possibile stabilire se questi bombardamenti sono stati un prolungamento della “Operazione Strangle” stessa.
Rientrano comunque nell’applicazione della strategia dell’interdizione in epoche successive impiegata anche nel corso di altri conflitti. Un concetto strategico che relativamente alla sua reale efficacia ha sempre creato opinioni controverse sia tra gli analisti militari che tra gli storici.
 L’efficienza del sistema ferroviario di Piacenza, nonostante la continua opera di ripristino messa in atto dalle truppe Tedesche, è profondamente intaccata e fino al termine del conflitto l’operatività è ridotta ai minimi termini. Le officine della S.I.F.T., con l’intenzione di sottrarle ad altri attacchi alleati, sono trasferite a Ponte dell’Olio; dopo pochi mesi anche in questa località diventano oggetto dell’ennesimo bombardamento.
Quella del 13 Maggio 1944 è l’unica incursione aerea nell’arco di tempo abbracciato dal secondo conflitto mondiale che ha portato delle “fortezze volanti”, ed in particolare i quadrimotori B 24 “Liberator” ad apparire nel cielo di Piacenza; ma è anche il giorno che segna l’inizio di una lunga serie di attacchi aerei. Per tutto il 1944 ed il 1945 Piacenza, e la relativa Provincia, saranno lo scenario di una intensa attività diurna e notturna di bombardieri medi e cacciabombardieri con effetti materiali estremamente distruttivi.



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